Misticismo e alchimia in Jacob Böhme

Davide Arecco - Universit� degli Studi di Genova

Nell'ambiente protestante tedesco a cavallo tra XVI e XII secolo, una delle figure pi� interessanti e complesse � proprio quella del grande mistico e teosofo Jacob Böhme. La complessit� e la cripticit� del messaggio teosofico di Böhme, ha impegnato per secoli cultori di filosofia e di studi religiosi ed esoterici. Influenze ermetiche e cabalistiche si innestano su di una speculazione teologica e su di un afflato mistico che rendono ancora oggi gli scritti di Böhme un affascinante ed attraente dedalo filosofico e religioso.

Figura svettante nella storia della spiritualit� europea, grande mistico e poeta, nato ad Altseidenberg in Slesia nel 1575 e morto a Goerlitz per un accesso di febbre il 17 novembre del 1624, Jakob Böhme � tra le pi� importanti personalit� della cultura tedesca di origine protestante all'inizio dell'et� moderna. La sua influenza, un'influenza tuttora ampia e profonda, � paragonabile forse solo a quella di Paracelso. La sua fama oltrepass� da subito i confini tedeschi. Fra le discipline da lui coltivate vanno annoverate la poesia, la filosofia, la stessa religione.

Fra XVI e XVII secolo Böhme fu tuttavia pi� noto in Olanda, grazie alle traduzioni latine delle sue opere comparse gi� tra il 1632 e il 1651 ed olandesi a partire dal 1639, e in Inghilterra, ove venne tradotto dapprima da John Sparrow e William Law tra il 1645 ed il 1647, poi dai platonici di Cambridge Ralph Cudworth e Henry More e dove interess� il boehmiano re Carlo I, mentre Behmenists fu il nome con il quale si chiamarono gli adepti della setta costituita intorno alle figure di John Pordage e Jane Leade.

Il capo dei quaccheri George Fox, il quale lo fece conoscere in America settentrionale, e dopo di lui Milton, Newton e Blake furono segnatamente influenzati dagli insegnamenti del Philosophus Teutonicus.

Böhme fu pertanto assai pi� conosciuto al di fuori dei confini tedeschi di quanto non lo fosse in Germania, dove solamente cristiani eterodossi, ermetisti, visionari (come Kuhlmann e Swedenborg), mistici (come von Czepko e Silesius) e pietisti (Wolff) lo lessero con vera attenzione, sino a che tra Settecento ed Ottocento egli non divent� motivo di riflessione obbligata per tutti gli autori pi� importanti della cultura tedesca (soprattutto, in ambiente romantico, Novalis e Schelling).Va ricordato che Böhme � tuttora autore molto letto e consultato. Figura viva anche tra i circoli di estrazione non accademica, � conteso da pi� parti, come quei teologi luterani dediti al costante ed affannoso tentativo di recuperarlo all'interno della cosiddetta ala sinistra della Riforma protestante, e quei filosofi hegeliani protesi a scorgere in lui una geniale figura di precursore, lungo la via che unisce panteismo e dialettica, della dialettica triadica portata sugli altari dal loro maestro. Non hanno mancato di accostarsi a Böhme neanche i moderni mistici ed esoteristi in generale, i quali lo leggono per acquisire quella conoscenza metafisica profonda, gnosi dalla valenza a un tempo poetica e simbolica, che costituisce insieme espressione tra le pi� mature del pensiero dell'Europa moderna e condanna del suo inopportuno scientismo tecnocratico. I linguisti si sono invece avvicinati al nostro guardando con altezzosa diffidenza il suo tentativo di fondare un metalinguaggio ermetico-simbolico che i germanisti evitano prudentemente. Ritorneremo in seguito su questo aspetto.

In linea puramente generale, si pu� affermare che Böhme � stato diversamente valutato a seconda di quegli aspetti della sua riflessione presi di volta in volta in considerazione. Sfuggendo ad una rigida classificazione, � parso ora un cattolico, per il rispetto da lui nutrito nei confronti della Vergine, ora un luterano, per il riconoscimento e l'esaltazione del primato della fede sulle opere, ora un panteista, per l'affermazione dell'onnicomprensivit� dell'essere divino, ora persino un manicheo, per il suo costante confrontarsi con il problema teologico del male e della sua azione.

Contrariamente a quanto tramandato Abraham von Franckenberg nella sua biografia agiografica del poeta (1651), Böhme non apparteneva per nulla ad una famiglia di contadini poveri e socialmente degradati, bens� da una che, se non propriamente agiata, era peraltro sicuramente capace di mantenersi adeguatamente, anche grazie al redditizio possesso di circa trentacinque ettari di terreno.

Di tale famiglia Böhme era il quarto figlio, oltretutto dalla salute abbastanza cagionevole. Ricevette una rigida educazione protestante, che complet� poi da autodidatta, leggendo in modo particolare i testi della tradizione mistica tedesca, sia dei mistici speculativi del XIV secolo (Eckhart, Taulero e Susone), sia quelli della filosofia naturale del XVI secolo (Franck e Van Helmont).

Una volta ragazzo, non segu� il padre nel lavoro dei campi, ma, appreso il mestiere di calzolaio in bottega all'et� di quattordici anni, lo esercit� nella cittadina di Goerlitz a partire dal 1594, cinque anni prima di sposare Katharina Kuntzschmanns, figlia di un macellaio dalla quale ebbe anche quattro figli.

Nel 1600, all'et� di venticinque anni, si sarebbe prodotta in lui la prima illuminazione intellettiva a causa di un riflesso solare di un semplice piatto di peltro.

Uomo pratico e dotato di un senso degli affari assai concreto, intorno al 1610 Böhme avrebbe avuto, secondo la suddetta opera agiografica di Franckenberg, una nuova e pi� duratura illuminazione poetico-metafisica.

La notizia certa � che, a partire da quell'anno, inizi� a lavorare alla stesura della sua prima e fondamentale opera, che termin� di scrivere nel gennaio del 1612 e poi fece ripubblicare nel 1618. Il titolo era quello di Morgen Roete im auffgang [Aurora nascente o il rosseggiare del mattino in ascesa], semplicemente Aurora per gli amici.

Con essa, Böhme si muoveva lungo la linea tracciata da quei pensatori non conformisti che si segnalarono per la lotta in favore di una maggiore libert� di pensiero all'interno della chiesa luterana, allorquando il protestantesimo da movimento di ribellione si trov� a dover passare alla fase istituzionale di elaborazione successiva.

In una regione nella quale il luteranesimo andava irrigidendosi in ortodossia, cresceva per converso la curiosit� per la tradizione esoterica, l'arte dell'astrologia, le pratiche magiche, l'anelito messianico, l'allegoresi cabalistica, gli studi di astronomia e alchimia, secondo linee di sviluppo nutrite anche dalle discussioni di vivaci circoli umanistici quali quello ruotante intorno alla figura di Bartolomeo Scultetus, sindaco di Goerlitz e uomo dall'animo ben disposto nei confronti proprio di Böhme, fra l'altro seguace convinto di Paracelso ed in contatto epistolare con Tycho Brahe e Keplero.

La cerchia di quest'ultimo si ispirava alla fonte degli scritti dello stesso Paracelso, di Weigel e Schwenckfeld e prendeva le mosse dalla pi� ampia e sfaccettata tradizione di pensiero coagulatasi negli ultimi anni del Cinquecento in un'indefinita forma di attesa di quella renovatio generalis della quale, nella prima met� del Seicento, gli scritti rosi?cruciani inglesi e tedeschi sono l'espressione pi� nota e appariscente. Pensiamo, in Gran Bretagna, all'opera di Lilly o di Ashmole.

In questo contesto, in s� profondamente inquieto ed eterodosso, desta un certo stupore constatare come il mastro-calzolaio abbia potuto immediatamente assumere e svolgere un ruolo decisamente carismatico, divenendo il punto di riferimento mistico-messianico per un pubblico socialmente cos� differente dalla sua originaria condizione contadina. Si parla infatti qui di nobili e di ceti urbano-borghesi di estrazione medio-alta, ovverosia di medici, alchimisti, farmacisti, giuristi, commercianti, studenti e filosofi dediti a speculazioni metafisiche di ogni genere.

Tant'� vero che quando il calzolaio ispirato da Dio non ha ancora terminato di comporre l'Aurora, si registra l'immediata circolazione di copie manoscritte delle parti gi� concluse della medesima opera. Verso la met� del 1613 proprio una delle copie dell'Aurora giunse nelle mani del parroco luterano Gregorius Richter, il quale, avendovi riscontrato pericolose deviazioni rispetto alla tradizione teologica ufficiale, accus� Böhme di eresia, causandone in tal modo l'arresto.

Dopo essere stato subito rilasciato, Böhme si trov� costretto a giurare di non scrivere pi� nulla in materia di religione, giuramento che sarebbe stato da lui rispettato per soli quattro anni - ma altre fonti dicono sette. Nel periodo successivo intraprese in contemporanea attivit� di predicazione e iniziative di carattere commerciale. Solamente nel 1620 abbandon� una volta per sempre quest'ultima al fine di dedicarsi alla ricerca mistico-religiosa, ormai appoggiato economicamente dai soli adepti influenti.

Nei suoi ultimi quattro anni di vita l'attivit� si fece sempre pi� intensa, numerosissimi e concettualmente assai impegnativi i suoi componimenti. A ci� si affianc� il moltiplicarsi di mano in mano delle copie manoscritte dei suoi testi, sempre precedente la stampa. Nel corso del suo ultimo anno di vita si registr� anche il contrasto pi� acuto da lui avuto con l'autorit� religiosa ufficiale, a nome della quale Richter chiese, peraltro senza ottenerlo, l'esilio dello stesso pensatore.

Böhme si rec� pertanto da Goerlitz a Dresda, ove fu accolto entusiasticamente e pot� trovare chi lo difese dalle accuse di eresia onorando al contrario in lui un alto rappresentante della tradizione spirituale germanica. In seguito, egli fu anche in Slesia. È qui che si ammal� e, ottenuto di rientrare in Goerlitz, vi mor� nel novembre del 1624.

La sua tomba divenne di volta in volta meta di pellegrinaggio oppure oggetto di intolleranza e profanazione, i suoi manoscritti e le relative copie a stampa vennero acquistate a caro prezzo dai discepoli, soprattutto olandesi e inglesi, ed esse sono - proprio in ragione della loro costitutiva rarit� - maggiormente oggetti di culto che non di autentica ricerca bibliografica.

Oltre alla ricordata ed imprescindibile Aurora, Böhme aveva composto una ventina di altri trattati, tra i quali una Beschreibung der drei Prinzipien goettlichen Wesens [Descrizione dei tre principi dell'essere divino, 1619], una trattazione Von dreifachen Leben des Menschen [Della triplice vita dell'uomo, 1620], una Von der Menschenwerdung Jesu Christi [Dell'incarnazione di Ges� Cristo, 1620)], una Physiologia vera [1620], una Von sechs theosophischen Punkten [Dei sei punti teosofici, 1620], i Sex puncta mystica [1620], l'importantissimo De signatura rerum, Von der Geburt und Bezeichnung aller Wesen [Dell'impronta delle cose, della nascita e definizione di ogni essere naturale, 1621], forse il suo vero capolavoro e testamento spirituale insieme all'Aurora, il Mysterium Magnum, Erklrung uber das erste Buch Mosis [Sommo Mistero, Commento al primo libro della Genesi mosaica, 1623], il trattato teologico Von der Gnadenwahl [Della predestinazione o dell'elezione della grazia, 1623], la Schutzrede gegen Gregorius Richter [Apologia contro Gregorius Richter, 1624], la Clavis [1624] e la Betrachtung goettlicher Offenbarung [Contemplazione della rivelazione divina, 1624].

L'idea originaria della ricerca teosofico-pansofica di Böhme � la ferma convinzione secondo cui l'uomo � in grado di penetrare e descrivere il mistero dell'ascosit� di Dio, l'atto della creazione divina coincidente con la genesi dell'universo. Dio � ritenuto da Böhme il momento centrale della creazione, assurgendo in tal modo ad un livello di autonomia ed indipendenza gnoseologica la quale, non riconoscendo intermediazioni di natura ecclesiale nel suo intimo rapporto con Dio giunge di fatto a profilarsi come il centro emanatore della massima libert� possibile, una libert� implicante per� anche l'autonomia sociale del singolo dai suoi simili.

Infatti, l'unica schiavit� ammessa da Böhme � quella dell'uomo stesso nei confronti del suo Divino Creatore.

Nasce qui la polemica aspra e inesorabile che contrappose il mistico e filosofo tedesco con la Parola divina alterata e modificata dall'attivit� dei commentatori, i suoi gi� menzionati contrasti con l'ortodossia e con i rappresentanti della istituzione ecclesiastica luterana, che Böhme medesimo trov� modo di definire un ammasso di pietre, con il quale nessun vero cristiano dovrebbe mai venire in contatto se realmente intenzionato a salvaguardare il suo spirito. Solamente la figura e la realt� divina di Cristo, nella sua duplice natura di reincarnazione e rivelazione di Dio nell'essere umano, deve configurarsi come il punto di riferimento costante del fedele cristiano.

Per Böhme, come per Weigel, soltanto l'invisibile chiesa interiore � l'unica vera e presente chiesa di Dio sulla Terra. Molto lontano dagli atteggiamenti quietistici e per nulla asservito dogmaticamente a talune forme tradizionali di meditazione mistica, Böhme non si limita a tematizzare l'immensa lontananza della realt� superiore di Dio rispetto a quella inferiore costituita dall'uomo, ma si adopera, anche ed invece, nel tentativo di cogliere il mistero autentico e profondo inerente alla nascita della natura a partire dall'azione della volont� divina.

La sua riflessione metafisica e teologica, sempre e grandiosamente di impostazione triadico-trinitaria, sul principio mistico ternario rappresentato da Dio-Cristo-Uomo mette pertanto capo ad una affascinante teologia cosmogonica, nella quale possono venire utilmente rintracciate tracce anche consistenti delle eresie gnostiche, della mitologia neoplatonica (anche rinascimentale) rivestita di concettualit� riformista.

Sono inoltre caratteristici in lui tutti quegli elementi che rinviano decisamente alla simbologia numerologica di ascendenza pitagorica e cabalistica. In tal senso il tre e il sette risultano essere prevalenti, secondo le linee di una tradizione comune, sul suolo tedesco del XVII secolo, anche all'opera matematica di Athanasius Kircher. Il dato religioso di partenza si ritrova cos� magicamente rivissuto, in quanto ad impianto generale e contenuti di natura specifica, in un accentuato gioco di metafore alchimistiche, queste ultime dalla forte matrice ermetica e paracelsiana.

Cos� originalmente e vigorosamente ripensate, tali tradizioni culturali muovono nel pensiero di Böhme verso un nesso di stretta e reciproca interdipendenza fra impostazione teologica ed istanze dalla chiara valenza antropologica, per un risultato d'insieme che, anche sul piano letterario oltre che filosofico e religioso, non trova riscontro alcuno nella tradizione mistica precedente a lui precedente.

Böhme va oltre la stessa teologia negativa dionisiana, non volendo pi� esprimere attraverso la mistica del silenzio l'impossibilit� di ogni discorso sul nulla religioso o su termini quali Dio e Oltre-Dio (ed eventualmente Non-Dio), quanto piuttosto sforzarsi di comprendere perch� Dio, in quanto voluntas creatrice, abbia dovuto e voluto esprimersi nell'unit�, a sua volta triadica e gi� plutarchea prima che paolina, di spirito, anima e corpo.

La riflessione mistico-ermetica verte in altre parole sul perch� Egli abbia scelto proprio la realt� terrestre del corpo, che � altrimenti muto e morto, quale strumento concreto di autorivelazione, per incarnarsi nelle maglie delle mutevoli e contingenti forme del divenire. Nonostante le fondamentali intuizioni della prima fase di produzione, come riferito culminate proprio in sede di stesura di Aurora, va detto per� come sia soprattutto negli scritti degli anni della maturit� (1618-1624) che Böhme raggiunse quella profondit� e ricchezza concettuale e linguistico-terminologica che non si limita pi� a circoscrivere con l'universo delle immagini, ma che riesce al contrario a fondare e sostanzializzare insieme alle proprie tesi ormai anche su basi di natura marcatamente logico-deduttiva.

La cosmogonia teologica di Böhme �, come gi� diverse volte ricordato, strutturata in chiave essenzialmente triadica o ternaria. Tutte le cose esistono soltanto nella Volont� che � Dio, alla quale si oppone la Contro-Volont� che la genera e la stimola ad esistere nel movimento reale della creazione e della natura. In una visione della realt� dominata dalle opposizioni che pervadono ogni essere, Male e Bene, Luce e Tenebre, Nulla e Tutto, Vita e Morte non escludono nemmeno Dio Padre ed esistono in Lui, Volont� originariamente indistinta e Potenza infinita, in rapporto di reciproca interdipendenza.

Egli li integra nella propria realt� macrocosmica al livello di una volont�-creazione concepita come pura ed indissolubile. Alla domanda, di antichissima quanto difficile risposta, circa il perch� allora Dio tolleri la presenza del Male nel mondo microcosmico, Böhme rifiuta di appoggiarsi alla teoria platonica ed agostiniana della non-sostanzialit� del medesimo per rispondere che l'esistenza di esso � momento necessario dal momento che nulla pu� esistere allo stato impuro della volont� gi� divenuta creazione, senza il suo opposto che lo nega.

Alla infinita ricerca della conoscenza della volont� originaria e primigenia, ossia di quella che ha ammesso Bene e Male come elementi opposti nella fase di creazione (nella vita naturale come nell'uomo), il vero cristiano pu� arrivare pertanto ad indagare l'ascosit� stessa di Dio, il quale non risiede fra le stelle, e nemmeno in nessun altro luogo fisso, bens� in ogni momento e in ogni aspetto della creazione.

Tali concezioni eserciteranno un fascino ed un'attrazione non certo di scarsa importanza sul cos� detto secondo Schelling. Dio � Ur-grund, il Non-Fondamento Originario, la Non-Natura, l'eterno Nulla e divino deserto dell'anima (e solo perci� � anche l'Infinito) che non pu� dipendere da altro. Come tale Egli non conosce il tormento e l'inquietudine della creazione, questo essendo tipico del creato, per esempio dell'uomo in quanto costituito di anima e corpo. Dio-Urgrund � invece Volont� eterna desiderosa di completarsi facendosi creazione (Wille des Ungrundes zum Grunde), Egli � il Nulla che brama di divenire Qualcosa (das Nichts hungert nacht dem Etwas). Nel "mondo" Dio stesso si � "voluto", nella creazione ha signato la Sua volont�. Il Dio-Urgrund, il Dio che � triadicamente Volont�-Non-Fondamento si dimostra nella Creazione fondamento (Grund quale opposto alla profondit� insondabile dell'Ur-grund) origine del mondo nell'atto di creazione pura, prima fase del processo creativo stesso.

Dio concede all'amore di manifestarsi in forma paradisiaca, pura. È solo nel momento in cui Lucifero, il Male, cerc� di approfittare della libert� riconosciuta da Dio alle sue creature che si scatenarono l'ira e la punizione divina, ira e punizione trattenute da Dio nell'amore ed indirizzate nella creazione della materia caduca e dissociata, impura e disponibile al peccato quale � quella che governa e presiede il mondo terrestre.

Dal principio univoco del Bene e del Male si gener� pertanto il principio materialistico, il cosmo, la natura, l'uomo. Nello spirito di quest'ultimo si � tuttavia conservato l'innato anelito verso l'ascosa eternit� della forma superiore esistente nella condizione di creazione pura, la cui stessa conoscenza passa attraverso fasi di ansia (Angst) e tormento (Qual), nei quali � per� scritta la promessa salvifica di Cristo, unica fonte (Quelle) e sicura premessa della finale vittoria della gioia operata da Cristo su Satana.

L'uomo stesso � costituito ad immagine della divinit� suprema ed � microcosmo. La sua anima si rivela composta da tre principi, il fuoco, la luce e la bestia. Analogicamente, nel corpo umano si incontrano tre elementi, quello celeste, quello siderale e quello elementare. Quanto ai meriti eventuali dell'uomo, Böhme non vi crede, poich� ritiene che tutto, caduta e salvezza, rientri nell'ordine provvidenziale di Dio, il quale ha concesso all'uomo il libero arbitrio.

Nella meditazione cristosofica boehmiana, teosofia e antroposofia intrecciano le loro forme e si superano per l'unica ed ultima volta. Se, pertanto, la creazione del succitato principio materialistico coincide con la volont� divina di divenire, Böhme si sente autorizzato ad affermare che la lingua e la sapienza della creazione racchiudono in s� tracce dell'originario linguaggio divino, poich� sono immagine speculare (Grund) ed occhio dell'Urgrund-Volont�.

Böhme, il quale riteneva le parole e le cose da esse (agostinianamente) denotate, essere in un segreto rapporto di reciproca dipendenza ed armonia di origine divina, ultimo lasciapassare per il definitivo abbandonarsi a speculazioni di linguistica celeste, ardite quanto in s� eminentemente irrazionali, difficili ed oscure.

Il suo affascinate e variopinto metalinguaggio � stato per� pi� spesso considerato, da parte di lettori per lo pi� frettolosi e scientisti, alla stregua di qualcosa di scientificamente linguistico e non invece per quello che esso � e che mira a rappresentare veramente, ossia una elegante e complessa forma di speculazione mistico-simbolica rivestita di istanze salvifiche e teologiche.

In ci� vicino a grandi quali Teofrasto Paracelso ed Enrico Cornelio Agrippa di Nettesheim, ancora oggi venerati dai loro adepti, disprezzati da avversari e da lettori superficiali, sempre e comunque figure troppo poco seriamente e - storicamente - studiate, forse anche a causa di un nucleo di riflessione troppo originalmente eretica e ricca, con tutta la gamma di pericoli e interpretazioni fuorvianti che ci� comportava nel volgersi di due secoli cruciali quali furono, da pi� punti di vista, Cinquecento e Seicento.
 

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