La donna come cifra ne L'Acerba di Cecco d'Ascoli:
alcune considerazioni - prima parte

Marco Albertazzi - Paris IV Sorbonne, Langue Italienne

 
 
Indice dei contenuti

Prima parte

Seconda parte

 

La Donna rappresentata ne l'Acerba et�s[1] (d'ora in avanti L'Acerba) di Cecco d'Ascoli � il simbolo della parte che l'uomo deve necessariamente ri-accorpare per riscattare il torto originario e causa del quale si � consumata la caduta su questo mondo. La presenza della Donna funge, quindi, da vettore capace di condurre l'uomo in seno al "Factor benegno".

Una pagina del Manoscritto Mediceo-Laurenziano 40-52.

Quando Cecco descrive le donne, definisce un aspetto della natura interiore e oggettiva della Donna-tutto[2]. Per questi motivi la Donna � "vissuta" da Cecco come un'esigenza: senza di Lei non � possibile "ri-cor-dare", ossia ridare al cuore, nel senso di ricondurre l'essere al centro del mondo, quanto nel presente appare remoto. Ricordare � riappropriarsi nuovamente delle virt� che animavano l'essere anteriormente la caduta[3], l'essere tutto precedente la contingenza degli eventi. La concezione che Cecco ha del tempo � quella tradizionale di un costante ed imperturbabile decadimento del mondo che si manifesta attraverso la decadenza dei costumi.

La volont� dell'uomo pu�, secondo Cecco, ogni cosa, anche sfidare la fortuna[4]. L'amore e la volont� portano l'uomo alla conoscenza ultima delle cose, all'"origine" di ogni cosa. La Donna � la risultante di tante donne quante sono le virt� che bisogna avere per accedere al livello massimo di "consapevolezza". Per converso, la Donna sar� anche la sommatoria delle donne che incarnano i molteplici viz� che l'animo dovr� superare per arrivare a comprendere "quella donna".

Cecco ha avvertito la necessit� di scrivere la sua opera, non perch� sentisse il bisogno di "illuminare" i suoi contemporanei con una scienza di tipo empirico[5] ma, al contrario, perch� riteneva minacciato alla base il sapere tradizionale e le sacre istituzioni che il suo tempo pretendeva di cambiare e che, infine, ha cambiato. La polemica con Dante � a quest'altezza: Dante, secondo Cecco, � un eretico perch� innova i costumi, intellettualizza l'amore radicalizzando ulteriormente la gi� paradossale concezione amorosa dei trobadorica. Il conseguente estraneamento dalle vicende terrene della donna con l'interiorizzazione del "fatto" amoroso � la gnosi espressa nel manifesto del Guinizzelli Al cor gentile rempaira sempre amore.
 

1. Sul sogno

Quando Cecco scrive "Non iudicar se tutto non vedi" prende in considerazione la possibilit� di vedere il "tutto".

El tutto nelle parti si divide:
e quest'� la virtude difinita
che sotto lei ciascuna s'aside.
Convien ch'i' canti della giusta donna
in prima, poi dell'altre della vita;
per pi� vedere la tua mente sompn(i)a,
e mira nell'aspetto di costei,
che tanto piacque sempre agli occhi miei[6].

La differenza tra guardare e vedere � determinante perch� � possibile guardare "tutto" senza veder niente, mentre, al contrario, il vedere implica un oltrepassamento della dimensione puramente mondana a cui � relegato il semplice guardare. L'oltrepassare la dimensione fisica, della molteplicit� delle parti in cui "el tutto nelle parti si divide", per giungere a quella metafisica dell'unit�, rappresentata dalla Donna, avviene per mezzo del sogno. Il contatto col mondo del sogno � stabilito dalla mente la quale permette all'individuo di "mirare" "nell'aspetto di costei" con gli occhi. Questo vuol dire che la visione non � fantastica ma metafisica, cio� non astratta ma concreta[7].

L'immagine di "quella donna" � collocata da Cecco nella sfera dell'immaginale inteso, con Corbin, come massima rarefazione della realt� tangibile.

L'importanza attribuita da Cecco alla sfera dell'immaginario va oltre l'inciso gnomico d'esordio della parte dedicata ai sogni:

or di' de questi sogni,
ch' onne ignorante ne cura s� pocho
e dice che del cerebro abisogni

precede questa parte quella relativa alla questione che l'allievo pone al maestro sulla possibilit� di giungere a vedere Dio faccia a faccia; Cecco sentenzia:

Et io a te: or qui conven ch' io taza.

Che la sezione dei sogni venga anticipata da una tematica tanto difficile per stessa voce dell'Autore � segno dell'alta considerazione di cui la materia godeva al tempo in cui l'opera � stata scritta. D'altra parte l'uditorio cui L'Acerba si proponeva era sensibile alle suggestioni emanate da certe materie; se da una parte Cecco accoglie queste esigenze dall'altra egli finalizza l'insegnamento sempre verso una comprensione superiore del creato:

Delli cattivi voglio che tu godi:
ch� nessun vede come nasce 'l sogno,
s� come ti distingo qui, in due modi:
quel che la mente nostra pur disia
di darli fede di ci� non fa bisogno
perch� tal sogno vien da fantasia.
Ma l' altro sogno, che dal cel procede,
non cogitato punto di figura,
che l' alma future cose concede,
contemplativo sogno questo chiamo.
Non � intelletto che di ci� non cura,
e non sanza cagion lui disiamo[8].

Il sogno contemplativo procede dal cielo ed � da distinguere dal sogno che proviene dalla fantasia, in quanto vano. In questa rappresentazione dell'Ascolano � possibile scorgere pi� di un suggerimento al mundus imaginalis descritto da Corbin. Anzitutto la distinzione tra i diversi aspetti, o "ambiti", dell'immaginazione. Quella vana e quella necessaria. Nel cielo Cecco sostiene che � possibile scorgere le cose future aggiungendo che non ha intelletto chi non si cura delle manifestazioni del sogno perch�, spiega, esso procede dall'alto. E l'alto ispira domande cui il discepolo deve confrontarsi; una di queste � sul destino dell'uomo:

one natura � creata al fine,
la qual, da l' alma, non � in questo mondo;
ma quando vedrai il suo Fattore
da vista a vista, coll' altre divine,
sentira' pace coll' eterno amore[9].
 

2. La tirannia dell'et� acerba

La virt� ha per Cecco un valore etico e "iniziatico". Etico perch� senza una retta condotta si cade nel vizio, perdendo cos� di vista quello che � il fine ultimo di tutte le cose: il sommo Bene. Ha un valore iniziatico in quanto alla virt� globale si arriva attraverso la conquista di ogni singola virt� alla quale � contrapposto, secondo il topico sistema binario adottato da Cecco, un vizio. Il valore iniziatico � finalizzato alla realizzazione dell'essere il cui intelletto potenziale diviene totalmente agente.

La dicotomia stabiliana non �, tuttavia, irriducibile: la contrapposizione tra i vizi e la virt� si risolve con la Donna che � accentratrice di ogni singola virt� e dunque capace di oltrepassare qualsiasi polarit�.

I vizi e le virt� appartengono alla sfera del contingente, materiale e tirannico:

Questa � radice di tutti peccati
e fu del primo, volendo la Siede,
quelli maligni spiriti dampnati.
Puo' piobe en terra questa iniqua setta,
da cui lo male per enganno prociede,
e fa la vista de lo ben sospecta.[10]

"quella" Donna appartiene alla dimensione "altra" rispetto a "questa".

La virt� della Donna in Cecco risulta scomponibile nella virt� "tipo" cui ogni donna � portatrice in quanto parte di quel tutto che "nelle parti si divide".

Il "lei" del verso 39 (1017) � riferito solo indirettamente alle virt�, per via diretta "lei" si riferisce invece alla Donna, poich�

sotto lei ciascuna [virtude] s'aside.

In questo modo diviene intelligibile il passaggio che porta Cecco ad identificare, nel verso successivo, la virt� con la

giusta donna
in prima, poi dell'altre della vita.

Ed il senso risiede per intero in questa "vita" che attraverso il sogno - inteso come volo interiore:

per pi� vedere la tua mente sompn(i)a

permette di vedere

nell'aspetto costei,
che tanto piacque sempre agli occhi miei.

Costei � la Donna-tutto che sar� possibile vedere soltanto al termine del percorso intrapreso e che passa attraverso ogni singola donna quasi fossero altrettante "prove" con cui l'allievo si deve misurare, tra i vizi e le virt� mondane. All'inizio del terzo libro Cecco esprime l'"alta visione":

Da lei comprese forma il mio intelletto,
mostrandome salute gli occhi suoi
mirando la virt� del suo cospetto.
Dunqua, io so' ella, e se da me se sgombra,
allor di morte sentiraggio l'ombra.

La virt� ultima, che coincide con la Donna-tutto, non � rappresentabile se non interiormente. Per spiegare l'"evento interiore" Cecco utilizza referenti che sono "esterni" solo in apparenza - la molteplicit� della donna - pi� propriamente si tratta di trasposizioni simboliche. La Donna-tutto � preceduta dalla descrizione delle donne "specializzate" che, per alcuni aspetti, sono accostabili alle donne-schermo rappresentate nella Vita Nuova di Dante. Infine la morte, cui fa riferimento Cecco nell'ultimo verso, non � quella corporea, ma la morte dovuta alla materializzazione dell'anima, non pi� in grado cio� di mediare tra la dimensione corporea e quella spirituale.

Vedere il tutto equivale a vedere la "donna sopra tutte stelle". La diretta relazione riscontrabile all'interno della strofa citata, tra la virt� e la donna, sembra avallare la teoria dell'identificazione dei due termini espressa dal Lauchert[11]. Tuttavia la virt� � l'informazione che congiunge il sensibile con l'energia. L'energia, in questa rassomiglianza, � la Donna intesa come coincidentia oppositorum[12]. Quindi, per Cecco, l'informazione � un particolare tipo di questa energia, come si deduce dalla definizione della virt� riportata nel capitolo precedente del libro:

... � abito elettivo
ch'� nel mezo di due parti exstreme
onde procede lo bene effettivo[13].

I due estremi sono la mondanit� e Dio, e l'equilibrio che si instaura tra questi due estremi � determinato dalla virt�, ossia dall'informazione che conduce verso la Donna-tutto.

Questa concezione della virt�, come mezzo per giungere alla Donna-tutto, ha un carattere nettamente tradizionale, riscontrabile, non solo nella cultura classica occidentale, ma anche in altre culture; per esempio, il concetto di equilibrio mentale ha un suo esatto corrispettivo nel termine sanscrito samadhi, "meditazione":

Entrando nel samadhi di purezza [si ha] una visione che penetra tutto e permette di divenire coscienti dell'assoluta unicit� dell'universo[14].

Possedere la virt� vuol dire raggiungere l'equilibrio, arrivare ad avere la coscienza di ci� che si � tramite la conoscenza. � possibile, dunque, che la ricerca della Donna possa in Cecco coincidere con l'acquisizione del femmineo connaturato al fine di ricostituire l'androgine. Le inclinazioni astrologiche contrarie sono superabili, come si � visto poc'anzi, con la volont� di conoscere dell'individuo:

Iudicio procede da savere:
con scritta legge riceve ripulsa
exceptuan(l)do il singular vedere;
per una vista iudicare 'l fatto,
sentenza di virtude si reculsa.
Di ragion sempre si correge 'l fatto[15].

Non � possibile, pertanto, accogliere quelle istanze che pretendono un Cecco d'Ascoli astrologo succube della propria materia: egli distingue ci� che � la scienza da ci� che � la conoscenza; e questo � comprovato dal fatto che Cecco impartisce all'allievo nel libro IV concetti che erano invisi al potere ecclesiastico (magia, fisiognomica, alchimia) per "onor del vero".

Amor, s'� vizioso, poco dura;
s'� per virtude, ognora si ferma,
ch� l'anima nel ben si trasfigura[16].

L'amore conduce alla "Donna-sapienza" se si mantengono inalterate le proprie inclinazioni individuali[17], e in ogni momento s'acquista nuovo vigore perch� sull'anima dell'amante agisce l'influsso dell'amato, l'"inconcepibile" a cui la sola ratio non pu� giungere. Questa esperienza avviene per una "illuminazione" ad opera del sommo Bene che si "trasfigura" nell'anima:

Amor che non comenza en ferme stelle
vaccio s'accende e tosto si discherma,
partendo disdegnando l'alme snelle[18].

Tradizionale � questa concezione dell'amore, inteso come principio naturale[19] che si "stabilizza" a seconda della costellazione in cui si trova ad agire.

Il concetto di Donna � esemplificabile nel dominio della virt� morale da parte dell'uomo (donna, dal lat. domina). Senza la virt� non si giunge infatti, secondo Cecco, al dominio di s�, della parte latente, del lato femmineo dell'uomo. Una esemplificazione di questo concetto si trova nei seguenti versi:

Cos� fa l'alma quando � donna tutta:
destrugge qualitade viziosa
sicch� nel male l'omo non deserra
e tra' nel bene la vita dapnosa.
Contro a fortuna ogni uon po' valere,
seguendo la ragion nel suo vedere[20].

L'anima "quando � donna" � appunto padrona di s� stessa. Significativi, riguardo al rapporto che intercorre tra i termini virt� e Donna, sono i versi:

Po' che sarano gli occhi tuoi experti,
no' canteremo delle done sante
or disfinendo, perch�, come e quante[21].

Se la virt� ha carattere informativo, la Donna ha sempre carattere "oggettivo", un ruolo definito per potenza:

O guida sancta di quest'altre donne[22]
Di tutte l'altre donne quest'� nave
e guida, riposando nel suo cerchio,
pur combattendo colle donne prave[23].

e cos� via.

Il carattere sempre definito della donna si fonde necessariamente col carattere "informante" della virt�:

Ma come spira il Sole il suo splendore,
E come pianta nella sua radice[24]
virt� con l'alma giunse il suo Fattore[25].

L'anima diviene Donna per mezzo della virt� assegnata da Dio. Se si discrimina dalla Donna la virt�, si ottiene, secondo Cecco, la schiavit� tanto trascendente quanto materiale, secondo quanto esposto nei versi:

Da lei discende fera servitute
che legge impone a cui donna comanda,
stando subietti alla carnal salute.
O servi tristi, o comperati schiavi,
perch�, l'atto carnal cos� v'ofende,
che contro a Dio vi fa cotanto pravi?[26]

La Donna senza la virt� � la femmina dalla quale rifuggire:

De, non credete a femina sciocca,
e non v'accenda sua fitta bellezza,
ma risguardate come dentro fiocca.[27]

Al topos della passione che arde dentro, si sostituisce l'immagine del gelo o, pi� avanti, al verso 52 (1710), quella del fuoco infernale. La virt� � l'indispensabile attributo della donna, come espresso all'inizio del libro terzo ai versi 5-12 (1915-1922):

trasforma [la virt�] l'alma nella cos'amata
non variando l'esser del subietto.
Questa virt� � coll'animo unita
nel suo creare, come Sole e luce,
che fu in un tempo lor forma finita.
Lassando l'ore delli acerbi giorni
poi nel disio l'alma si conduce
donna mirando colli affetti adorni.

La virt� � un "enzima", ed il processo di trasformazione dell'anima "nella cos'amata" non crea scompensi all'essenza, all'"esser del subietto". La natura spirituale si trova ad un piano inaccessibile per la ragione anche una volta che questa abbia riconosciute le donne che incarnano le virt� e quelle che incarnano i viz�. Cecco ricorre quindi, per un "rafforzamento dell'anima", alla concezione dell'amore. La concezione amorosa ha come punto di attrazione dei vari attributi "morali" la Donna. L'intelletto che percepisce e le cose percepite, soggetto e oggetto, si fondono per giungere a costituire l'esperienza metafisica.

Ma occorre fare attenzione: nell'esordio all'opera Cecco afferma che

Oltre non giunge la nostra luce" e questo vuol dire che l'infinit� vera � illimitata perch� origine di ogni limite � nella mente. Non � possibile comprendere l'infinito ma � possibile concepirlo e soltanto chi con questo infinito si identifica realizza la propria essenza.

Cecco esplicita dunque il detto evangelico "Regnum Dei intra vos est" ma non come viene professato ai fedeli di una parrocchia bens� come sanno coloro che sono fedeli ad amore.

Il Poeta compie, nei luoghi salienti della sua opera, una vera e propria immedesimazione con l'infinito che la figura della Donna rappresenta si potrebbe dire gnostica. Il rifiuto della concezione amorosa trobadorica � respinta da Cecco perch� la volont� e non il desiderio pu� appagare l'uomo. Senza questa volont� di perseguire la virt�, la Donna apparir� femmina, la potenza non si esplicita nell'atto, e quindi perde la propria ragion d'essere l'intera ricerca.

Quanto appena esposto esplica i motivi che possono aver indotto Cecco ad accettare la scomposizione topica tanto della virt� che della Donna. Le varie componenti della Donna-tutto sono esposte "in serie", differenziando sempre i due diversi ambiti di informante e informato. Nel libro terzo vi � la scomposizione della Donna, mentre nel libro secondo Cecco scompone la virt�, che come "El tutto nelle parti si divide". La volont� dell'uomo matura dal momento in cui egli � in grado di riconoscere e distinguere ogni singola virt� dal vizio che le si contrappone.

�, d'altra parte, rilevante il fatto che ogni donna, che costituisce la Donna primaria, viene identificata in una sezione 'dedicata' come � quella del bestiario con un animale.

Nell'ultima sestina del libro secondo, Cecco spiega perch� identifichi queste donne con gli animali:

E queste donne triste qui le lasso,
e 'ntendo di seguir altro camino
da questa riva, con pi� dolce passo,
di certi animali e prieta far somiglie
parlando in questa parte pi� latino,
che la comune gente qui si sveglie.
Comincio prima dall'altier valore,
dicendo onde procede e ch'� amore.[28]

Il cammino percorso sulla strada delle virt� risulta qui portato a termine. Il "tutto", per poter essere concepito, ha bisogno di essere scomposto, e l'effetto di questa scomposizione sar� quello di consentire una migliore intelligenza dell'Opera naturale da parte del lettore. Cos�, "da questa riva, con pi� dolce passo", Cecco approda al compimento interiore ed universalizzante dell'amore. L'Autore � allietato dalle cose che "vede", anche se da questo momento il discorso diventa arduo. L'identificazione di Cecco con "quella donna" � il risultato di tutte le scomposizioni precedenti. Scomposizioni interiori, vista la coincidenza di Cecco col maestro del libro IV, che hanno come esito ultimo una "visione" della Donna che risponde a requisiti propriamente alchemici.

La donna di Cecco � una Donna alchemica, risultato della ponderazione dei vizi e delle virt�. La ricostituzione degli elementi implica la "sensibilizzazione" dell'essere che ne usufruisce.

Parlare "pi� latino", affinch� "la comune gente qui si sviglie", � la conseguenza immediata di questo nuovo "paesaggio". Parlare "pi� latino" non � per Cecco ricorrere semplicemente ad un topos, ma utilizzare particolari tecniche di racconto: il distico monorimo di chiusa dei capitoli, e la forma dialogica di cui si serve soprattutto nel libro IV, sono le principali tra queste tecniche.

Il fine � l'identificazione dell'intelletto con "quella donna". Tale identificazione dovr� intendersi nel senso di una acquisita conoscenza del proprio essere da parte dell'Autore, ossia della capacit� di discernere le varie componenti che formano la natura: componenti simboliche e morali (vizi, virt�, animali), scientifiche (microcosmo e macrocosmo). Ogni distinzione presenta in Cecco un punto mediano in cui le varie componenti si equilibrano: il risultato finale � ancora la Donna generata-generante.

La conoscenza tramite la virt� � il mezzo per ottenere, attraverso un atto di volont�, l'immedesimazione col tutto, cio� con la Donna:

Da lei comprese forma il mio intelletto,
mostrandome salute gli occhi suoi
mirando la virt� del suo cospetto.[29]

Una pagina dell'edizione Sessa de L'Acerba (Venezia 1501).
 

3. Amore celeste e amore terrestre

3.1. Donna e femmina

La Donna che, dal "beato loco" in cui risiede, scende nel fango, degenera allo stato di femmina. Muta la propria essenza di donna nell'impurit� del corpo.

Ad esser condannato nel capitolo sulla lussuria non � il rapporto sessuale quanto, piuttosto, l'appetito sfrenato che la femmina suscita ai danni della volont�:

Lo spirto, che tien la vita, invola,
offende e tolle virtuosa fama,
che disonesta per lo mondo vola,
distrugge 'l senno, conrompe la legge,
fa nella mente di desio brama,
conturba sovra 'l cel che tutto regge.[30]

La sapienza non � "femmina-materia", bens� "Donna-Intelletto". Non � femmina perch� alla femmina � data la sola possibilit� di procreare corpi materiali. La necessit� del ricongiungimento a "quella donna" invece � un'esigenza che ha l'anima di riconquistare, attraverso un atto arbitrario, la propria integrit� originaria. La Donna � quindi la dominatrice del processo che la investe: � creazione intellettuale e naturale ad un tempo.

La Donna-intelletto � opera di "distillazione" che l'uomo compie per riuscire ad operare l'intermediazione tra la sfera spirituale e quella corporale. La Donna � la coscienza di questa distillazione, � la Profetessa.

In quest'ordine di idee Cecco non si spiega come Dante avesse potuto operare tale distillazione servendosi di un corpo materiale, quello di Beatrice, di colei cio� che dovrebbe invece dare beatitudine. Un corpo contaminato dalla mondanit�, ed operante addirittura nella fase finale della commedia ultramondana. Tutto questo doveva apparire a Cecco, e non solo a lui, alquanto singolare: nel descrivere la sua donna Cecco scriver� che

Questa � la donna, qual mai non coverse
Spera de l'umana qualitate.

La Donna-Intelletto pu� essere messa ancora in rapporto con la sapienza alchemica del mondo, poich� l'amore � l'Ente che permette all'uomo di comprendere i moti del proprio animo. I paragoni o le similitudini mondane sono, al contempo, modo d'inizio e mezzo d'uscita per i cosiddetti "soffiatori" che si attengono all'ambito del sensibile. Il "soverchio disio" di Cecco non � pi� un amore terreno, ma un "dolce foco" che ne scaccia l'ignoranza e ci illumina di desiderio spirituale.

3.2. La Donna

La Donna � il risultato della conoscenza "attivata" dalla virt�, e rappresenta la "rifondazione" dello stato primordiale antecedente a quello attuale di degenerazione[31]. Da questo punto di vista non mancano richiami alla societ� del suo tempo, come l'esortazione affinch� "la comune gente qui si sviglie".

All'identificazione, in Cecco, della Donna con la conoscenza era gi� pervenuto Luigi Valli quando scriveva:

Ora la sola "donna" che sia esistita "innanzi il comenzare", cio� a dire prima della creazione, non pu� essere se non quella per mezzo della quale la creazione avvenne e cio� precisamente la divina Sapienza e cio� precisamente l'amorosa Madonna - intelligenza l'eterna Sofia, la mistica Sapienza che ricollega Dio all'uomo e che � fonte di ogni virt� e Beatrice dell'anima umana. Ecco che cosa si deve intendere con sotto benna[32].

Il vedere "tutto" dell'Ascolano porta a due ordini di considerazioni: il vedere come avvenuta catarsi da una parte, e il vedere come oggetto di raffigurazione dall'altra. Nel primo caso si ha l'effetto purificatore della Donna, descritto da Cecco in numerosi luoghi del poema:

Amor dell'atto quanto � pi� lontano
tanto � pi� possente 'l dolce foco
che tien gioioso sempre il cor umano.
Ardendo il fa la vita il ben sentire
donna mirando nel beato loco
che pace con dolcezza par che spiri.[33]

o poco pi� avanti:

Costei fu quella che prima mi morse
la nuda mente col disio soverchio,
che subito mia luce se n'acorse[34]

L'aspetto purificatore della luce che come il fuoco arde le impurit�, � un topos tradizionale[35]. Quello che invece d� la dimensione poetica di Cecco � il rapporto giocato sul simbolismo Sole/luce[36]. La luce � chiaramente l'anima, il Sole � la teofania dell'assoluto. La luce � l'atto che l'uomo compie purificandosi e, come � stato poc'anzi rilevato, ha uno stretto rapporto col termine foco. Foco rima con loco, cos� da saldare il legame che altrove Sole ha con luce. Il loco � palesemente il Sole. Per questo motivo l'anima nel suo atto (purificatore) permuta la Luna col Sole. La Luna � la soglia da oltrepassare: sotto c'� la terrestrit� del corpo coi suoi elementi; oltre lo spazio dei pianeti vi sono le cause. Chiara � la contrapposizione Sole-Luna dei versi:

il terzo aspetto, dico, nel sestile
s'� permutando la Luna col Sole,
o anche l'oriente s'� simile[37]

La concezione che Cecco ha dell'amore � riassumibile forse con il verso "Amor dell'atto quanto � pi� lontano": nella strofa in cui il verso si trova Cecco analizza le varie componenti che costituiscono la propria "visione" amorosa. La Spannung � rappresentata dalla constatazione di "Dunqua, io so' ella". Questo � anche il punto in cui la catarsi si compie. I due aspetti coincidono nella totale identificazione con l'essere amato:

Esser non pu� che sia la mente nuda
d'amar amante, dico, pi� e meno;
or voglio che tal detto in te si chiuda.
Se altri t'ama volli esser sperto;
or mira se tu ami e como a pieno
d'amor, e di contrario ser� certo.[38]

L'amore potenziale diviene amore in atto grazie all'informazione della virt�, identificandosi nella Donna comprendente tutte le virt�:

Questa virt� � coll'animo unita
nel suo creare, come Sole e luce[39]
che fu in un tempo la forma finita.
Lassando l'ore delli acerbi giorni
poi nel disio l'alma si conduce
donna mirando colli affetti adorni.[40]

L'amore in atto � la virt� di amare il fine, vale a dire un atto di volont� che spinge l'uomo alla meta.

D'altra parte la trattazione dell'Amore partiva gi�, nel capitolo I del libro IV, dal presupposto che l'anima intellettiva potesse identificarsi con l'unit�:

I' voglio qui che 'l quare covi il quia,
levando l'ale dell'acerba mente,
seguendo del filosafo la via.[41]

L'anima intellettiva s'identifica con la Donna-tutto come "permutando la Luna col Sole" e, a permutazione avvenuta, si � in grado di guardare "donna come Sol in fango". Questa � la Donna che sta "nel beato loco".

3.3. L'angelo

Lo stato di potenza possiede la naturale virt� per effetto del sommo Bene; tale stato pu� divenire agente, ma non fino a raggiungere il puro atto. La perfezione a cui pu� arrivare l'uomo � infatti quella angelica:

Sopra ogni cel substanze nude
stanno benigne per la dolce nota
ove la piet� non occhi chiude
e per potenza dell'altru' virtude
conserva 'l giro di ciascuna rota
onde di vita ricevem salute.[42]

Il processo che porta l'uomo ad un "assottigliamento" dei sensi � conoscitivo:

Perch� la conoscenza d'intelletto
conduce l'uomo per diritti rami,
onde si segue il glorioso effetto,
questa sia specchio della tua speranza
per qual tu vedrai li santi rami,
che sopra tutti celi ciascun avanza.[43]

In questa prospettiva diviene indispensabile una costante ricerca delle cause atte a guidare la speculazione:

S'io avessi conoscenza, qual io bramo,
de bestie, s� come delli umani,
non amaria molto ch'io amo.
Amore, et anche l'odio, disface
la conoscenza colli pensieri vani,
fin che nel giorno che speranza tace.[44]

Il metodo scolastico delle domande e delle risposte trova, secondo Cecco, nel dubbio la propria ragion d'essere:

Del dubitar querendo � gran virtude,
che l'amirar della prima gente
fece noi certe dell'altre vedute.[45]

Nel momento di "critico" vi � l'unione di tutte le virt�. Questo evento "trascendente"[46] appare come un'unit� che porta con s� numerose componenti le quali, attraverso la conoscenza, permettono di accedere all'unit� pi� vasta. � un tema trattato in molti passi, e soprattutto in quelli dove Cecco parla di s�:

ch'i' ho speso il tempo di mia poca vita
in aquistar scienza o onore
e in servir altrui co l'alma mita.[47]

3.4. La femmina

Fino a questo punto si � visto come l'anima intellettiva persegua la "Donna" ed in essa cerchi l'identificazione. � possibile, col metodo delle scienze occulte, far s� che sia la donna a provare amore. In questo caso, per�, l'artificio della magia � un atto contro natura poich�, alla volont� dell'individuo a divenire cosciente, si sostituisce l'individuo che si serve della propria volont� per plagiare il prossimo; l'anima dell'uomo degenera nell'uomo animale.

La Donna-anima decade allo stato di donna-animale, cio� in femmina; il risultato non potr� che essere quello di un amore esclusivamente carnale:

Move la fantasia della donna
con queste cose, ardendo nel disio,
sicch� amor in lei, nascendo, abonna.
Topazio, che fa vista reversa,
a.ci� resiste. Quel che ti dico io
f� che tu celi alla gente perversa.
Questi altri che non possono giacere
colle lor donne, che son afasinati,
che su nell'atto perdono il volere,
la forza della virt� genitale
e li organi che per lei sono animati
stanno legati in atto naturale.[48]

Gli uomini, perdendo la volont�, subiscono il fascino della donna, poich�

Amor nel cerchio non tien fermo punto
e calla o monta nell'uman concetto:
sempre il suo moto fa cos� congiunto.[49]

e in questo modo l'atto naturale impedisce l'atto intellettivo:

Amor non fu giamai nostro volere,
ma vien per natural conformitade
che nasce in noi per subito vedere;[50]

e poco oltre:

Amor non nasce prima da bellezza:
consimil stella move le persone
e d'un volere forma la vaghezza.[51]

L'annullamento dell'Autore nella Donna ha le caratteristiche di una coniunctio sive coitus. Quando si sostituisce alla Donna la femmina, si pu� parlare di una phantasia sive imaginatio, per usare un altro sintagma altrettanto noto alla terminologia scolastica.

La funzione dell'intelletto si dispiega verso la conoscenza prima col "sentire" l'amore, poi col "moralizzare" questo amore. Se "delli occhi nasce pi� piacere" per via naturale,

l'uom p� inamorare
fermando specchio della nuda mente.

L'immaginare serve a Cecco per dimostrare gli errori mondani, mai per descrivere le bellezze della donna celeste. L'autore stesso scrive di non voler "trattar d'amor divino"[52], salvo poi all'inizio del libro V dichiarare che

Convien ch'i' canti della sancta fede,
lasando le potenzie sensive"[53].
 

La seconda parte dell'articolo:
La donna come cifra ne L'Acerba di Cecco d'Ascoli: alcune considerazioni - seconda parte
 

Note

[1] Questo � con ogni probabilit� il titolo originario dell'opera, in considerazione dei manoscritti che, nel redigere l'edizione del testo, abbiamo ritenuto essere tra i migliori; tra questi il codice "parigino" conservato presso la Biblioth�que Nationale di Parigi it. 579, risalente alla prima met� del sec. XIV e contenente il commento latino del primo dei quattro libri di cui si compone l'opera. Nel presente lavoro, apparso una prima volta nel 1997 sulla rivista "Vi�tor" (A. I, nn. 2-3), si segue l'edizione diplomatica a suo tempo procurata da Censori e Vittori (Ascoli, 1971). � in uscita presso l'Editore La Finestra l'edizione del testo che, tuttavia, non � stata utilizzata in questa sede per una questione di tempi. A questa potr� fare riferimento il lettore desideroso di pi� informazioni sul testo.

[2] Al contrario di quanto avviene nel mondo occidentale contemporaneo la dimensione interiore per l'uomo medievale � presumibilmente oggettiva in quanto direttamente discendente dall'Entit� prima che governa il cosmo. Quanto pi� l'uomo investiga la natura del creato tanto pi� egli comprende l'essenza della propria esistenza.

[3] L'Acerba si conclude coi versi: "Ci� ch' � fato era vita in lui,/ s� come forma nella mente eterna,/ e questa vita � luce di noi".

[4] E sulla diversa valutazione della fortuna rispetto a Dante si torner� in altra sede. � quanto mai opportuno rilevare, tuttavia, e a differenza di quanto sostengono molti lettori dell'Ascolano, Cecco si contrappone a Dante non sostenendo poi le "stessissime cose" ma una reale diversit� di concezione; infatti, mentre Dante oltrepassa la concezione della fortuna attraverso la creazione letteraria ("imaginando cose vane" sentenzia Cecco) Cecco sostiene la necessit� investigativa della filosofia a ragione della propria veduta.

[5] Un Cecco antesignano dei moderni scienziati � quello che hanno voluto vedere i critici positivisti come il Crespi cui si deve una corrotta, ma importante, edizione del poema. La scienza medievale poggia su princip� che paiono essere molto distanti da quelli odierni almeno quanto la distanza che separa un alchimista da un odierno chimico.

[6] II, IV, 37-44.

[7] La degenerazione di una cultura avviene attraverso l'oscuramento del linguaggio. Un altro esempio � dato dai termini "scienza" e "conoscenza" dove col primo termine s'identifica il sapere concettuale mentre col secondo l'interiorizzazione di quel sapere. Uno scienziato non � un saggio mentre un saggio sa come servirsi della scienza. Cecco � uno scienziato e ne L'Acerba � oltremodo chiaro quanto � stato appena sostenuto.

[8] L'Acerba, IV, IX, 49-60.

[9] L'Acerba, IV, IX, 20-24.

[10] II, XIV, 31-36.

[11] F. Lauchert, Zum Physiologus: Der tiergeschichtliche Abschnitt der Acerba des Cecco d'Ascoli, eine Bearbeitung des Physiologus, RF, V, 1890, pp. 1-12.

[12] Un termine che identifica la Donna di Cecco � quello buddhista di Tathata, "Essenza assoluta": "Ci� che l'animo percepisce come essenza assoluta � l'unicit� della totalit� delle cose, il grande tutto che tutto comprende." (Asvaghosa, The Awakening of Faith, trad. di D.T. Suzuki, Open court, Chicago 1900, p. 55).

[13] II, IV, 19-21 (997-999).

[14] Asvaghosa, op. cit., p. 93.

[15] II, III, 79-84 (971-978).

[16] III, I, 127-129 (2037-2039).

[17] La virt� come presupposto indispensabile per giungere alla Donna � esplicitato da Cecco sin dalla prima ricorrenza del termine "donna":
quando la influenza vien da quelle,
se sua virt� per queste non se sgombra
allora � donna sopra tutte stelle
.
I, II, 22-24 (108-110).

[18] III, I, 130-132 (2040-2042)

[19] Amor non fu giamai nostro volere,
ma vien per natural conformitade
che nasce in noi per subito vedere;
li occhi umani sono calamite
che tirano di nostra umanitade
lo spirito col piacere, come vedete
.
III, I, 19-24 (1929-1934).

[20] II, I, 63-68 (769-774).

[21] II, II, 114-116 (888-890).

[22] II, V, 1 (1023).

[23] II, XI, 52-54 (1386-1388).

[24] Crespi cos� commenta questi versi: "Ma come il Sole ha la qualit� sua propria nel risplendere, e la pianta nell'assorbire umori vitali per mezzo di radici, cos� Dio assegn� all'anima la caratteristica della virt�." (Crespi, p. 217). In realt� il verso 1485 ("E come la pianta nella sua radice") � forse da intendersi non tanto (o non solo) come una similitudine con la luce del sole, ma come una puntualizzazione del concetto che l'Autore esprime. Dio non assegn� all'anima la caratteristica della virt�, ma � la virt� che l'anima riconosce in s� (anima come equivalente dell'intelletto che diviene attivo) fa si che questa giunga all'Artefice. Tale concetto ricorre anche altrove, ad esempio:
Queste radice colli santi rami
gi� non fu piantata dell'umano sangue
quando s'andava per diritti trami

II, IV, 25-27 (1003-1005).
Anche in questo caso la radice � la virt�. L'espressione "radice colli santi rami" rinvia alla concezione simbolica assai ampia di "albero": "Poich� la vita inesauribile � equivalente all'eternit�, l'albero-cosmo pu� per questo diventare, su di un altro livello, albero della "vita-senza-morte". ...Pi� tardi, quando un'altra maniera di considerare i problemi metafisici verr� ad aggiungersi all'ontologia tradizionale (ad esempio in India), lo sforzo dello spirito per staccarsi dal processo cosmico e concentrarsi sulla propria autonomia sar� definito sforzo per "tagliare l'albero cosmico alla radice" in altre parole superamento totale delle "apparenze", di quelle rappresentazioni che hanno origine dalla sorgente inesauribile della Vita universale." (Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Torino, 1992, p. 275) e altrove "Il luogo sacro � un microcosmo perch� ripete il paesaggio cosmico, perch� � un riflesso del tutto." (Idem, p. 279). Cecco infatti prosegue ai versi 28-30 (1006-1008):
Ma 'l tempo ha variati li costumi
di gente in gente, sicch� virt� langue
nel ceco mondo colli spenti lumi
.
Il cieco mondo delle apparenze, che gli uomini non riescono pi� ad oltrepassare poich� sono spenti i "lumi" dell'ottavo cielo che al presente non � comprensibile.

[25] II, XII, 76-78 (1484-1486).

[26] II, XV, 19-30 (1679-1690).

[27] II, XV, 31-33 (1691-1693).

[28] II, XIX, 37-44 (1903-1910).

[29] III, I, 136-138 (2046-2048).

[30] II, XV, 19-24 (1679-1684).

[31] Per Cecco il presente � uno stato di degenerazione, come se ne pu� ricavare dai versi:
Ma sono in nostra umanit� venute
genti obscure con lor atto fiero
che son di tal virt� lor mente mute;
vista carnal vanno pur cherendo,
per l'abito si cessa 'l moto altero,
vilmente lor disio conseguendo
.
III, I, 121-126 (2031-2036).

[32] Luigi Valli, Il Linguaggio di Dante e dei Fedeli d'Amore, Milano 1994, p. 308.

[33] III, I, 115-120 (2025-2030).

[34] III, II, 13-15 (2063-2065).

[35] Es. 19, 16-25; Dt. 5, 2-5; Dt. 25, 31; Dt. 4, 10-12.

[36] III, I, 8 (1918).

[37] III, I, 13-15 (1923-1925).

[38] IV, I, 19-24 (3343-3348).

[39] Non privo di importanza � rilevare che nei tre distici si mantiene solo il termine Sole:
nel suo creare, come Sole e luce (v. 8)
e permutando la Luna col Sole (v. 14)
e sguarda donna come Sol in fango (v. 110).
La descrizione scientifica del mondo � per Cecco la descrizione di una caduta:
luce → Luna → fango.

[40] III, I, 7-12 (1917-1922).

[41] IV, I, 1-3 (3325-3327).

[42] I, I, 1-12.

[43] IV, X, 7-12 (4631-4636).

[44] IV, VII, 13-18 (4069-4074).

[45] IV, I, 1-6 (3325-3330).

[46] "Dunqua, io so' ella": la trasformazione che avviene tramite l'influsso di "quella" rinvia in modo chiaro ad una dimensione "altra". A questa. dimensione si giunge attraverso la "purificazione" discussa precedentemente, tramite la conoscenza: risulta chiaro che per Cecco "le favole" non rientrano nel campo della conoscenza, come si rileva dall'ultima invettiva contro Dante. Questo, a parer nostro, � forse il limite maggiore dell'Ascolano: non aver compreso che le favole sono "il" veicolo, tanto esoterico che essoterico, di ogni tradizione.

[47] IV, VII, 7-9 (4063-4065).

[48] IV, IV, 55-66 (3563-3574).

[49] III, I, 106-108 (2016-2018).

[50] III, I, 19-21 (1929-1931).

[51] III, I, 49-60 (1959-1970).

[52] III, I, 85 (1995).

[53] V, I, 1-2 (4695-4696).
 

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